Sono nato a Torino, 42 anni fa, stessa città dove qualche anno dopo mi sono laureato in Scienze internazionali e diplomatiche con una tesi sul principio di autodeterminazione dei popoli e la sua applicabilità alla questione basca. Un tema appassionante, almeno per me, ma che poco sembrava aver a che fare con l'epidemiologia. E in effetti, il percorso verso questa disciplina è stato meno lineare del previsto. Inizialmente ho lavorato come giornalista, poi sono passato a scrivere e occuparmi di salute, in Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte e in una ASL locale. Ma quanto più mi avvicinavo alla promozione della salute, anche attraverso l'esperienza del master di Perugia, tanto più crescevano in me dubbi sulle scelte che stavo facendo. La resilienza, parola in ascesa in quegli anni, a me suonava, nell'accezione in parte limitata che ne avevo, antipatica e ingiusta: "diglielo tu a una persona senza reddito, disoccupata o senza reti sociali che basta essere resilienti e crederci per aumentare il proprio benessere…".

La svolta arrivò alla fine del 2010: ero andato a Londra per un concerto, approfittando dell'ospitalità offertaci dal padre della ragazza di uno dei due amici con cui ero, che viveva lì, ma era fuori città per una conferenza: Paolo Vineis. Russando, ero stato declassato a dormire nel suo studio e non prendendo sonno sfogliai un suo libro trovato sulla scrivania, "Equivoci bioetici". Scoprii un approccio alla salute per me molto più interessante, più sociologico e multidisciplinare. Mi appassionai e poco dopo mi accorsi dell'esistenza dell'epidemiologia sociale e delle disuguaglianze sociali nella salute. Lessi the "Spirit Level" di Wilkinson e Pickett, pubblicato proprio in quel periodo. Ha da poco compiuto 10 anni la mail con cui proponevo a Giuseppe Costa di frequentare il Servizio di Epidemiologia dell'ASLTO3 per lo stage di fine master. Da lì non me ne sono più andato e, anche grazie agli insegnamenti del successivo master di Epidemiologia, in questo decennio ho lavorato sul tema dell'equità in salute, dell'impatto dei determinanti sociali e della promozione di politiche di contrasto alle disuguaglianze di salute. Con Geppo, e in collaborazione con tanti partner, abbiamo contribuito alle proposte di strategie nazionali per l'equità in salute, la cui necessità di implementazione trova, purtroppo, un'ulteriore conferma nel presente: a pagare, in termini di salute immediata e futura, il prezzo maggiore della pandemia e delle misure di distanziamento fisico e sociale, sono, come al solito, le persone socialmente più svantaggiate. Attualmente collaboro con l'Ufficio di Venezia dell'OMS proprio per valutare l'impatto del COVID sui gruppi più vulnerabili della popolazione.

Con questa mia candidatura, oltre alla disponibilità a collaborare ai lavori della segreteria, porto quindi la volontà di promuovere l'importanza dell'equità e dell'attenzione alla disuguaglianze come elemento trasversale dell'epidemiologia, specie in questo periodo di forte visibilità nazionale. Mi piacerebbe inoltre continuare l'impegno di Epidemiologia&Precariato, iniziativa nata qualche anno fa in seno all'AIE, alla ricerca di soluzioni per facilitare carriere più sicure per le nuove generazioni di epidemiologi.

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