Fulvio Ricceri
Care Socie e cari Soci dell'AIE,
la decisione di candidarmi alla vicepresidenza è nata dal confronto con un gruppo misto di colleghe e colleghi della mia generazione, provenienti da tutta Italia, di formazione differente, in parte lavoratori del SSN e in parte dell'Università. Questo confronto ci ha permesso di condividere le nostre idee e le speranze sul futuro dell'AIE pensando innanzitutto a quali contenuti dovessero essere prioritari per l'associazione. La mia non è quindi solamente una candidatura personale, ma una candidatura condivisa come lo sarà un'eventuale presidenza, che immagino animata da un confronto continuo tra il direttivo e le/i socie/i.
L'AIE è un'associazione di persone con una visione alta della società e della sanità pubblica. Vorrei quindi contribuire a questa visione, proponendo qualche soluzione concreta.
Immagino un'AIE aperta. Nonostante un grande lavoro per far sentire l'AIE la casa di tutti gli epidemiologi, ancora molte realtà non sono rappresentate nell'associazione. I gruppi di lavoro AIE, iniziati negli ultimi anni, hanno avuto il grande merito di aprire l'associazione ai giovani e a nuovi temi, quali salute di genere, One Health, farmacoepidemiologia, salute delle popolazioni migranti e tematiche COVID. Tuttavia, in Italia, ci sono declinazioni diverse dell'epidemiologia (molecolare, pediatrica, neuroepidemiologia, ) e numerose altre realtà regionali, così come ci sono università e gruppi IRCCS che ancora non sono inclusi in AIE. Bisognerebbe dunque partire dal censimento degli assenti e dalla comprensione delle ragioni che li hanno tenuti fuori finora, per arrivare ad un loro coinvolgimento, anche attraverso l'istituzione di altri gruppi di lavoro.
Immagino un'AIE attenta. Come spiegato bene nell'articolo di Stephanie Nixon "The coin model of privilege and critical allyship: implications for health", esistono norme, strutture e modelli della società che giocano a favore o a sfavore di certi gruppi di persone, a prescindere dai loro comportamenti e/o meriti individuali e questo ha ricadute profonde sulle disuguaglianze di salute. Il numero monografico di E&P sulla salute delle popolazioni vulnerabili ha iniziato a raccogliere l'esperienza italiana su questo tema, ma è importante che l'AIE si faccia promotrice di altre iniziative in questo campo (seminari, numeri monografici di E&P, collaborazioni) da estendere anche alle vulnerabilità ambientali, sociali, economiche e di tutte le minoranze.
Immagino un'AIE aggiornata. Le tematiche di riflessione e studio, così come i metodi epidemiologici, sono in continua evoluzione ed è importante proporre alle sue socie e ai suoi soci occasioni di formazione, promuovendo eventi che coinvolgano ricercatori e ricercatrici internazionali, anche collaborando con E&P per creare numeri monografici sulle tematiche di maggior rilievo. È inoltre importante che l'AIE si confronti con le altre realtà epidemiologiche europee, ricercando occasioni per promuovere iniziative comuni, in particolar modo con le associazioni dell'Europa meridionale.
Immagino un'AIE identitaria. La figura dell'epidemiologo richiede conoscenze multidisciplinari che vengono generalmente acquisite tramite master e/o con l'esperienza lavorativa. Tuttavia, spesso non vi è un riconoscimento formale della figura dell'epidemiologo non sanitario nelle strutture sanitarie e/o di ricerca, cosa che favorisce precariato e sotto-inquadramento. Non bisogna dimenticare, inoltre, che per le professioni sanitarie mancano percorsi di formazione epidemiologica qualificanti (specialità/dottorati). Ritengo quindi utile istituire un gruppo dentro l'associazione che lavori con le istituzioni per arrivare ad una definizione chiara della figura dell'epidemiologo, che comprenda percorsi formativi abilitanti specifici e condivisi.
Immagino un'AIE incisiva. L'esperienza della pandemia da SARS-CoV-2 ha dimostrato che il rigoroso lavoro dell'AIE può essere utilizzato per prendere decisioni di sanità pubblica. Tanti temi dell'AIE, però, sebbene molto approfonditi, faticano ad arrivare ai decisori: malattie croniche, prevenzione e promozione della salute, screening, salute ambientale e nei luoghi di lavoro, salute materno-infantile, valutazione dei percorsi assistenziali e medicina riabilitativa, ecc. Affinché questo sia possibile, è necessario attuare un piano di comunicazione scientifica strutturato sul quale l'AIE dovrà investire, anche in termini economici. Inoltre, la comunicazione dovrà essere diretta anche ai cittadini e alle loro associazioni, con un approccio maggiormente divulgativo finalizzato alla corretta informazione e al loro coinvolgimento attivo nelle importanti battaglie di cui l'AIE da sempre è capofila.
Infine, alcune piccole note biografiche. Sono iscritto all'AIE dal convegno di Pisa del 2005. Ho sempre creduto in questa associazione dove mi è pure toccato in sorte di trovarci famiglia. Ho una formazione multidisciplinare (laurea in matematica, master in epidemiologia e dottorato in genetica) e attualmente sono ricercatore in Igiene e Sanità Pubblica nel Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell'Università di Torino. Ulteriori informazioni sul mio lavoro e il mio CV sono consultabili qui. Grazie alla partecipazione alla Sezione Ricerca del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute, ho già potuto contribuire a dare rilievo ed importanza all'epidemiologia, lavorando affinché le sue priorità fossero inserite nel Piano Nazionale della Ricerca Sanitaria. Da ultimo, ho studiato la normativa legata al terzo settore, necessaria per la gestione dell'associazione: da diversi anni, infatti, sono responsabile di un'associazione di volontariato animalista per la quale ho coordinato il passaggio da onlus ad Ente del Terzo Settore.
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