Eliana Ferroni
Nata e cresciuta a Roma, ho cominciato la mia attività lavorativa nel 2006 come medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva presso l'Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, occupandomi di malattie infettive, in particolare di sorveglianza delle meningiti batteriche, e prendendo parte a progetti di organizzazione dei servizi sanitari. Nello stesso periodo ho cominciato la mia collaborazione con la Cochrane Collaboration nell'ambito delle revisioni sistematiche su efficacia e sicurezza dei vaccini antiinfluenzali.
Dopo aver conseguito il Master of Science in Public Health in Olanda nel 2009, ho lavorato per tre anni all'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AgeNaS), nell'unità operativa di HTA.
Dal 2012 al 2014 ho lavorato al Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, partecipando a studi di farmaco-epidemiologia, collaborando all'aggiornamento di revisioni sistematiche Cochrane, e contribuendo allo sviluppo di indicatori del Programma Nazionale Esiti, in particolare per l'area perinatale.
Dal 2015 lavoro a Padova presso il Servizio Epidemiologico Regionale; mi occupo di ricerca epidemiologica sulle malattie croniche, di farmaco-epidemiologia, e di salute e medicina di genere.
Partecipo alle attività dell'AIE da diversi anni, ed in particolare contribuisco ai lavori del gruppo di lavoro AIE sulla farmaco-epidemiologia; a novembre 2020 ho creato insieme ad una collega il gruppo di lavoro AIE sulla salute e medicina di genere, di cui sono anche referente.
Come immagino l'AIE nei prossimi anni?
Essendo AIE una associazione "italiana" di epidemiologia, sarebbe importante se tra i suoi soci e sostenitori ci fossero professionalità provenienti da tutte le realtà territoriali del Paese. Alcuni grandi gruppi di ricerca in questi anni hanno contribuito in modo sostanziale all'attività di AIE; mi piacerebbe che in futuro ci fosse un coinvolgimento attivo di tutte le regioni, per reclutare anche i piccoli centri che si occupano di ricerca epidemiologica, e che non hanno ancora avuto la possibilità di emergere nel panorama dell'epidemiologia italiana. Penso ad almeno un referente AIE per ciascuna regione, che possa contribuire alla messa in rete per il proprio territorio di tutte le realtà che si occupano di ricerca epidemiologica.
Inoltre, vorrei che in tutte le aree tematiche dell'epidemiologia - ambientale, valutativa, clinica, per citarne solo alcune - si diffondesse l'attenzione alle differenze di genere, non solo in fase di analisi dei dati (ad esempio con la stratificazione), ma anche nella fase progettuale di uno studio epidemiologico.
Infine, l'esperienza della pandemia da Covid-19 ha fatto emergere l'importanza di un approccio scientifico rigoroso nelle politiche di sanità pubblica, e credo che AIE dovrebbe giocare un ruolo di primo piano, potendo mettere in campo strumenti, metodologie e professionalità di altissima qualità a supporto delle politiche sanitarie. Mi piacerebbe poter dare il mio contributo affinché questo processo possa realizzarsi nel prossimo futuro.
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