Una pandemia è un evento eccezionale e come tale richiede risposte eccezionali. L’intensità delle contromisure dovrebbe essere calibrata sulla pericolosità della diffusione del patogeno responsabile. Covid-19 è stato particolarmente dannoso quando l’intera popolazione mondiale era completamente suscettibile all’infezione e i quadri clinici di chi era contagiato erano molto severi. Ridurre le occasioni di contagio è una norma sensata, che esiste per diverse infezioni incluse quelle considerabili banali ma altamente contagiose anche al di fuori di eventi pandemici (si pensi alle malattie esantematiche o alla pediculosi per le quali i bambini non possono andare a scuola prima della guarigione). Nel corso della pandemia l’isolamento degli infetti è stata una regola sensata accettabile e comprensibile da tutti. Dopo tre anni e 26 milioni di casi ufficiali registrati (e chissà quanti non registrati o non diagnosticati) e una elevata proporzione di popolazione vaccinata quali criteri possono essere invocati per abolire l’obbligo di isolamento?
L’assenza di dati circa l’efficacia effettiva negli ultimi mesi dell’obbligo in vigore non ci permette alcuna valutazione obiettiva per cui si riaccende la discussione sui favorevoli ed i contrari, senza che venga fornito alcun dato oggettivo e la popolazione generale non ha elementi per comprendere e aderire consapevolmente alle nuove disposizioni. Se la presenza di un obbligo di legge sull’isolamento di chi è infetto con Covid-19 non è ritenuta più necessaria, quale messaggio si intende mandare alle persone? Lo stesso titolo dell’articolo del decreto: « abolizione degli obblighi in materia di isolamento e auto sorveglianza » sembra invitare al totale rilassamento delle precauzioni.
Le decisioni di sanità pubblica sono veicolate da leggi e norme legali, ma la loro efficacia dipende soprattutto dall’adesione della popolazione generale e dalla partecipazione consapevole. Passare da un rigido controllo istituzionale ad una assunzione personale di responsabilità é possibile quando i rischi e le conseguenze della diffusione sono meno gravi. La pandemia è finita, ma l’epidemia continua e continuano i contagi, i ricoveri, i decessi. È quindi indispensabile dare delle chiare indicazioni su come ciascuno debba comportarsi nel caso risulti contagiato. Nel momento in cui il numero di infezioni (e anche di ricoveri) sta aumentando è importante rinforzare l’invito a comportamenti che evitino di incrementare la diffusione e non mandare messaggi troppo rassicuranti perché nessuno ha il diritto di mettere in pericolo l’altrui salute.
Analogamente la sospensione del monitoraggio quotidiano del numero dei casi sembra sottolineare come non ci sia più la necessità di tenere gli occhi aperti su quanto succede ed essere tempestivamente informati. I dati della sorveglianza epidemiologica sono stati la bussola per le decisioni di sanità pubblica e anche le nostre scelte personali. Senza bussola come navigheremo? Se qualcosa ci ha insegnato la pandemia è che arrivare in ritardo su quanto succede è deleterio.
AIE richiede che vengano esplicitati i dati e le considerazioni scientifiche a supporto delle decisioni prese e la formulazione di indicazioni di comportamento anche in consultazione con le società scientifiche competenti.
Associazione Italiana di Epidemiologia